Cosa fare in caso di immobili abusivi ricevuti in eredità?
- Studio Zaffaroni
- 28 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Nel nostro ordinamento esiste un divieto alla successione ereditaria di immobili abusivi

Un abuso edilizio si configura quando un’opera – che può consistere in una costruzione, un ampliamento o una modifica – viene realizzata in assenza o in difformità rispetto ai titoli abilitativi richiesti dalla normativa urbanistica ed edilizia. È ampiamente riconosciuto che un immobile abusivo non può essere oggetto di vendita o donazione poiché, ogni atto di alienazione risulterebbe illecito e potrebbe essere successivamente annullato.
Ma cosa accade quando l’immobile abusivo fa parte dell’asse ereditario? È possibile, ad esempio, che un testamento disponga l’assegnazione di un tale bene a un erede?
Conseguenze di un immobile abusivo ereditato
La risposta è inequivocabile: nel nostro ordinamento non esiste alcun divieto alla successione ereditaria di immobili abusivi.
Pertanto, un erede – per esempio il figlio del defunto – può ricevere in eredità una casa abusiva, acquisendone la legittima titolarità, mentre tutte le irregolarità preesistenti si trasmettono insieme al bene, salvo che l’erede decida di rinunciare all’eredità.
È però importante evidenziare che chi accetta un’eredità avente abusi edilizi potrebbe subire conseguenze di natura amministrativa (come l’ordinanza di demolizione o il ripristino dello stato dei luoghi), mentre coloro che rinunciano all’eredità non saranno soggetti a tali provvedimenti.
Quali sono le sanzioni per un abuso edilizio ereditato
Sanzioni civili
Gli eredi, accettando l’eredità, acquisiscono sia il bene sia le irregolarità in esso contenute.
Nel caso in cui un immobile ereditato presenti abusi edilizi, le conseguenze previste sono prevalentemente di natura amministrativa. In particolare, Testo Unico sull’Edilizia (D.P.R. numero 380/2001) stabilisce che, a seconda della gravità e delle caratteristiche dell’abuso, possano essere adottati i seguenti provvedimenti:
Demolizione e ripristino: in presenza di irregolarità tali da compromettere la conformità urbanistica, il Comune può ordinare la demolizione dell’opera abusiva e il conseguente ripristino dello stato originario dei luoghi.
Acquisizione al patrimonio comunale o sanzione pecuniaria: se la demolizione non viene eseguita entro il termine previsto (90 giorni dall’ingiunzione) oppure se non risulta attuabile, il Comune può procedere all’acquisizione dell’immobile o imporre una sanzione pecuniaria proporzionata all’abuso.
Sanzioni per difformità o mancata SCIA: in caso di mancanza della corretta segnalazione dell’inizio attività (SCIA) o di deviazioni dai parametri certificati, vengono applicate sanzioni pecuniarie, il cui ammontare varia in funzione dell’entità dell’illecito.
Va sottolineato che tali misure sono applicate in base alle specifiche circostanze e alla natura dell’abuso edilizio.
Sanzioni penali
La pronuncia della terza sezione penale della Cassazione (sentenza 17399 del 24 gennaio 2023) ha recentemente chiarito – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che la responsabilità penale per il reato di abuso edilizio è strettamente personale e, pertanto, gli eredi non possono essere perseguiti penalmente per i fatti commessi dal defunto. Tuttavia, l’ordine di demolizione, essendo una misura amministrativa ripristinatoria, può essere esteso agli eredi solo se questi vantano un effettivo diritto reale o di godimento sull’immobile abusivo.
Una recente sentenza della Cassazione, la numero 7020 del 9 marzo 2023, unitamente ad altre pronunce, chiarisce importanti aspetti in relazione alla trasferibilità o divisione di un bene abusivo: in presenza di un immobile abusivo, l’ordinamento italiano prevede che l’immobile non sanato non possa né essere diviso tra gli eredi né essere oggetto di vendita.
Procedure di regolarizzazione
Per sanare l’abuso edilizio, è necessario presentare una domanda di sanatoria al Comune in cui si trova l’immobile, entro 90 giorni dall’accertamento dell’illecito.
La domanda deve essere corredata da:
Documentazione tecnica e amministrativa: planimetrie, titoli abilitativi originari (se esistenti), dichiarazioni di conformità e ogni altro documento che possa attestare la legittimità o la possibilità di regolarizzazione.
Verifica della “doppia conformità”: l’intervento deve risultare conforme sia alla normativa vigente al momento della realizzazione sia a quella attuale.
Questa procedura, nota come sanatoria edilizia, è distinta dal condono edilizio (che si applica a determinate finestre temporali) ed è accessibile solo quando l’opera è “sanabile”.
L’iter di sanatoria prevede il pagamento di sanzioni e compensi per la regolarizzazione; il costo complessivo dipende dalla gravità dell’abuso e dalle eventuali opere di adeguamento da realizzare. In caso di abusi di minore entità (ad es. modifiche interne, tettoie o piccoli cambi di destinazione), la procedura è generalmente meno onerosa rispetto a situazioni in cui l’intero edificio risulti in difformità sostanziale.
Una volta accertata la sanabilità, il processo di regolarizzazione è quindi l’unica via per rendere l’immobile commerciabile e per evitare che eventuali irregolarità possano bloccare future operazioni di compravendita.
Dario Balsamo
Avvocato, collaboratore esterno di Immobiliare.it
Comments